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Il sentimento, Poesia e Letteratura

Il mito di Orfeo ed Euridice nei versi di Ovidio e Virgilio


Orfeo ed Euridice Virgilio OvidioIn quanto classico il mito di Orfeo ed Euridice riesce a comunicare attraverso i secoli con la stessa forza di un tempo immagini e sentimenti dell’uomo d’ogni epoca, ma che nella visone antica sembra raccontarsi più genuina e veritiera. Pur nella diversità stilistica e semantica (forse più celebrativa e influenzata dalla tradizione epica la versione che ci dà Virgilio, maggiormente incentrata sull’umanità corporale dei protagonisti in Ovidio) la storia del poeta innamorato che perde la propria amata ed è disposto ad attraversare luoghi infernali, vividamente ben descritti nella loro asperità dallo scrittore mantovano, di come riuscì ad ottenere da Proserpina la concessione di riportarla sulla terra, di come disgraziatamente la perse di nuovo, mantiene la sua capacità comunicativa a dispetto del fatale tempo che scorre.

Forse più profeta fu Virgilio che, sostenuto da un vastissimo retroterra mitologico, atto ad arricchire elegantemente di particolari l’intreccio dei versi, proferisce sentenze e considerazioni proprie di un Cristianesimo maturo, fatto da divinità capaci di perdonare, non solo punire le umane mancanze degli uomini. Grande carico di umanità risuona nelle parole straziate dal dolore dei due amanti, un uso attento delle figure retoriche come l’iterazione o le sonanti allitterazioni infernali. Elenchi, lunghe enumerazioni di entità ultraterrene fermatesi al passaggio della coppia suggellano e consacrano uno stato di tensione via via crescente.

Anche Ovidio abilmente si adopera in un climax ascendente culminante negli occhi di Orfeo, troppo desiderosi di abbracciare con lo sguardo l’amata, troppo avidi di vedere per crederne l’esistenza, troppo umani nel supporre pietà e perdono da parte di dèi incapaci di essere uomini; dunque di capire l’amore. Un Ovidio più attento ad evidenziare il gesto delle mani che stringono il niente del niente: è la cruda consapevolezza dei limiti naturali dell’uomo che brucia, primo fra tutti la morte eguagliatrice. Senza speranza si spengono quegli occhi che tanto hanno amato e ancora adesso, anche dopo la morte, continuano ostinatamente ad amare. Ad ogni costo.

Virgilio non conclude e a differenza di Ovidio perpetua la vita d’Orfeo sulla terra dopo la seconda e più tremenda scomparsa di Euridice: lo descrive errante per pianure desolate, ma sempre in compagnia della sua poesia, debole ed unica consolatrice per un’anima straziata, incapace – persino dopo la morte del corpo – di placarsi dal chiamare perpetuo il nome di lei e darsi una qualche parvenza di pace.

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Discussione

Un pensiero su “Il mito di Orfeo ed Euridice nei versi di Ovidio e Virgilio

  1. Bel post, indicativo direi!

    Ripartiamo dunque dall’amore come reciproca crescita degli io! =)

    Su Vongole & Merluzzi ci ci chiede invece se il “mito della psicoanalisi” può condurre all’individualismo!

    Spero avrai modo e voglia di ricambiare la visita

    http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2011/05/21/psicofornication/

    Pubblicato da lordbad | 21 Maggio 2011, 13:48

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