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Poesia e Letteratura

Breve attimo di tregua nella tempesta della vita


Guido GozzanoNel solaio gozzaniano1 trovano albergo cataste di ricordi d’altri tempi, che il corso delle cose ha accumulati e il fluire inesorabile della storia ha ricoperti di polvere, non già d’oblio. In questa stanza color di seppia trova pace e debole consolazione il piccolo poeta piemontese, malato di vita e di inguaribile tubercolosi.

Non raro è questo assiduo rifugiarsi nei meandri modellati della mente: il colle leopardiano, levato sul mondo, ne prende le distanze e al contempo su di esso, ramingo sulla terra, l’uomo avverte profonda comunione con le cose. Il vento2, debole brezza sulla pelle, ridesta per un attimo l’anima assopita dal dolce stormire delle foglie, per poi affidare nuovamente lo spirito al silenzio della riflessione. Allo stesso modo la “placida notte”3 è attraversata dal “verecondo raggio della cadente luna”, emblema questa di profondissima quiete e placida tranquillità, muta presenza memore per l’uomo la cui mente troppo spesso cade nell’oblio delle “morte stagioni”2, delle passate corse, delle antiche speranze disilluse.

Già la coltre scura, sovente ricorrente inframmezzante i giorni di travaglio, scende soavemente a custodire e preservare le fatiche tribolate sotto il sole. A sera stanco l’uomo4 – e il “Mastro” verghiano ne è testimone – ritorna alla sua casa, alla genuina ricerca di ristoro per il corpo e per la mente esausti. Non chiede un letto subito che possa accompagnare il sonno a lui prima che giunga ancora la luce del sole sulla terra da lavorare, ma chiede invece un po’ di tempo e un po’ di spazio per godersi a buon diritto quel tempo e quello spazio concessi a lui, magari non per sempre.

La luce del crepuscolo lambisce coi suoi deboli raggi il lento dissolversi del giorno. Un Foscolo esiliato in terra Ugo Foscolostraniera, dopo aver atteso lungamente alla traduzione del De rerum natura del classico (e moderno) poeta latino Lucrezio, contempla e gira in versi5 la sera che s’appresta a scendere sulle ingiustizie sofferte, sugli affranti pensieri, sulle piccole – poche – soddisfazioni concesse a lui dal fato. Purificata dalla sera, la mente percorre – forse incauta – le vie che vanno a ricercare il “nulla eterno”. Eppure, benché destinata dalla storia, per la quale l’uomo è un nulla, a svanire inesorabile nel vuoto della mancata ricordanza, la vita scopre sé fatale in pace, e forse non si chiede motivo di tanta quiete pel rischio e la paura di vedersi privata di quel poco che fa bella la cosa che dicono mondo.

Anche la notte ti somiglia, a te che lenta accogli il pianto sommesso delle umane genti e muta provvedi a consolare della fortuna avversa l’alto sentire ch’è del poeta e tuo generatore.

Il sorgere del giorno che consegue l’arrivo della luce e che noi desta dal sonno o da una notte trascorsa vigilanti ed atterriti, ben svegli a memorare sciagure accorse e provocate, per l’uomo Innominato del Manzoni6 perviene accompagnata da “un’onda di suono non bene espresso”: il prosequio della storia rivela a noi campane in quello strano suono, eppure, più d’ogni altra possibile e improbabile visita mattutina quell’allegria festosa è decisiva a provocare la somma decisione di cambiare, maturata in una notte di travaglio, vissuta e combattuta contro e in compagnia di noi stessi.

Tramonto d'estateDa solo può trovare la giusta risoluzione al decorso di quella mortale malattia che dicono vita il Principe don Fabrizio Salina7, personaggio fuori dal tempo, trovatosi a convivere per caso coi fatti e le persone a lui contemporanei. Non vive nel suo mondo, estraneo e indifferente ad ogni cosa contingente; è anzi attento conoscitore e uomo di prim’ordine. Eppure contempla con disillusione le cose cambiare, cosciente a malincuore della vanità di tale cambiamento. E’ consapevole delle contraddizioni della storia senza la pretesa di potervi porre rimedio. E non vi è distaccato se non con il corpo: la mente, segnata da una lucidissima consapevolezza, tutto lambisce. Nel silenzio e con contegno patisce la sua spaventosa chiaroveggenza.

1 GUIDO GOZZANO, I colloqui, La signorina Felicita ovvero la Felicità, 1911

2 GIACOMO LEOPARDI, L’Infinito, 1819

3 GIACOMO LEOPARDI, Ultimo canto di Saffo, 1822

4 GIOVANNI VERGA, Mastro don Gesualdo, 1889

5 UGO FOSCOLO, Alla Sera, 1802-3

6 ALESSANDRO MANZONI, I promessi sposi, capitolo XXI, 1842

7 TOMASI DI LAMPEDUSA, Il Gattopardo, 1958

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